Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 18 marzo 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Scoperto un ruolo delle cellule Treg nella rigenerazione della mielina. La ricerca sulla sclerosi multipla fa registrare un altro piccolo passo in avanti nella conoscenza dei processi di rigenerazione della mielina. Dombrowski e colleghi hanno scoperto un ruolo centrale delle cellule Treg nel guidare la differenziazione degli oligodendrociti, in parte via CCN3, un nuovo fattore nella biologia delle cellule oligodendrogliali e nella funzione dei linfociti Treg. [Dombrowski Y., et al. Nature Neuroscience AOP doi: 10.1038/nn.4528, 2017].

 

Identificati 18 nuovi geni implicati nei disturbi dello spettro dell’autismo. Ryan K. C. Yuen e colleghi, partendo da un database di 5.205 interi genomi provenienti da famiglie con disturbi dello spettro dell’autismo, hanno individuato 18 nuovi geni di rischio “candidati”, circa 100 geni di rischio noti e loci copy-number. Hanno poi rilevato che i portatori di mutazioni nei geni di rischio avevano minore abilità di adattamento. [Yuen R. K. C., et al., Nature Neuroscience AOP doi: 10.1038/nn.4528, 2017].

 

Nella sclerosi multipla remittente la dose dimezzata di fingolimod può esporre a notevoli rischi. Uno studio longitudinale ha comparato la somministrazione di fingolimod 0.5 a giorni alterni con quella quotidiana, per verificare efficacia e rischi di una frequente scelta posologica dei neurologi. La riattivazione della malattia con la dose dimezzata si è avuta in un numero notevole di casi. [Zecca C., et al. Mult Scler. Feb 1: 2352458517694089, 2017].

 

Descritto il caso di un paziente con corredo cromosomico 49,XYYYY: fenotipo cognitivo complesso, con deficit intellettivo, ristretti interessi e disturbo dello spettro dell’autismo, associato a mutismo selettivo, disturbo d’ansia sociale e ansia da separazione. [Demily C., et al. BMC Genet Med 18 (1): 9, 2017].

 

Nelle atlete gli androgeni influiscono sulla prestazione. E sul cervello? Gli ormoni androgeni e i loro derivati sono stati usati per decenni nello sport da entrambi i sessi per accrescere illecitamente la forza. A motivo della proibizione quale “doping”, lo studio degli effetti degli ormoni maschili, sia endogeni che esogeni, non ha attratto grande interesse, e per questo è stato trascurato. Recentemente è stato però dimostrato che il testosterone – e non genericamente il sesso cromosomico – agisce sull’attivazione neurale visuospaziale e che tassi più elevati di ormoni maschili, nelle donne e negli uomini, migliorano le prestazioni sportive nelle discipline in cui le abilità visuospaziali sono rilevanti. Uno studio condotto da Bermon per l’Istituto di Medicina e Chirurgia dello Sport di Monaco, dell’Università della Costa Azzurra (Nizza, Francia), ha calcolato che per alcune competizioni le donne (atlete d’élite) con livelli alti o altissimi di androgeni – sia endogeni che esogeni – rispetto alle colleghe con tassi femminili fisiologici, presentavano un beneficio prestazionale del 2-5%. Bermon ha proposto questo risultato all’attenzione delle commissioni sportive internazionali che dovranno valutare se ammettere o meno alla partecipazione nella categoria femminile le donne risultanti iperandrogeniche per varie ragioni.

Ma, gli studi che hanno dimostrato il vantaggio conferito dagli androgeni nelle discipline sportive che richiedono buone abilità visuospaziali, inducono un’ulteriore riflessione: dal momento che questi effetti sono prodotti da un’azione degli androgeni sul cervello, è giusto chiedersi in quali altri modi agiscono gli alti livelli di ormoni maschili sull’encefalo umano e su quello delle donne in particolare? Nuovi studi dovrebbero esplorare proprio questi aspetti. [Bermon S., Curr Opin Endocrinol Diabetes Obes. – AOP doi: 10.1097/MED.0000000000000335, 2017].

 

Cercando lo spirito nel cervello c’è chi ha trovato l’anima. La morte non è la fine della vita, il corpo può resuscitare insieme con il suo equivalente in forma di anti-materia (anima), ed una vita terrena secondo la volontà divina assicura la vita eterna. Su questi presupposti del credo giudaico-cristiano, che hanno contribuito a costituire un pilastro della cultura occidentale, si fonda ancora oggi la vita di molte persone e, sebbene in seno alla cultura medica del Novecento siano state sviluppate tesi interpretative di questo pensiero – come quelle freudiane – che riportano tutto all’origine psicologica da una difesa di diniego (negazione relativa ad eventi del mondo esterno), queste convinzioni sopravvivono ed hanno trovato nuova linfa in una stagione di rinnovata fede cristiana, anche grazie all’impegno di Papa Francesco, per quanto riguarda la confessione cattolica.

Anche se i risultati della ricerca hanno finora bene documentato i correlati neurofunzionali di particolari esperienze mistiche e religiose (in buddisti, cristiani, mormoni, ecc. …), senza fornire prove a favore o contro le convinzioni fideistiche, non sono pochi i ricercatori che continuano gli studi nella speranza di trovare nel cervello elementi del tutto nuovi. Intanto, la riflessione avviata in seno alla nostra società scientifica prosegue, ed è stata ora focalizzata sulla discussione dell’interpretazione dei risultati degli studi fin qui condotti, riprendendo le questioni metodologiche già introdotte nel saggio La Ricerca dello Spirito nel Cervello.

In particolare, si è fatto riferimento ad uno studio condotto da Schwartz, uno psichiatra che ha collaborato con Mario Beauregard, nel quale sono stati seguiti mediante neuroimaging cerebrale pazienti affetti da disturbo ossessivo-compulsivo, poi andati incontro ad un notevole miglioramento dei sintomi associato ad un cambiamento morfo-funzionale impressionante nelle strutture esaminate. Schwartz interpreta questo risultato come una prova dell’esistenza dell’anima, quale essenza immateriale espressa nella volontà dei pazienti e capace di modificare una parte speciale del proprio corpo, ossia il cervello.

Una tale interpretazione è sembrata azzardata anche ai ricercatori credenti: la modificazione può essere spiegata come azione su circuiti discreti del cervello da parte dell’insieme reciprocamente interconnesso di aree che produce l’attività psichica globale, alla quale si dà convenzionalmente il nome di “mente”. In altri termini, strategie ed esercizi eseguiti dal paziente stesso hanno riportato armonia funzionale nelle sottocomponenti visualizzabili di procedure mentali in squilibrio funzionale negli ossessivi.

Il problema, secondo Schwartz, è che al neuroimaging funzionale si riconoscono i circuiti alterati poi normalizzati, ma non si visualizza la base neurale (materiale) dei processi mentali che hanno operato il cambiamento. La discussione continua.

 

Notule

BM&L-18 marzo 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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